ARTICOLI SULLE DIPENDENZE -Di gruppo in gruppo: l'esperienza dei gruppi di auto mutuo aiuto -Il
trattamento della tossicodipendenza: l'esperienza del CENTRO IMAGO di
Torino -I paradossi della droga: una indagine psico-antropologica -Cocaina…e sai cosa è meglio perdere!
Metodi e obiettivi nella psicoterapia delle dipendenze patologiche Seguire
in terapia individuale persone che presentano un quadro di dipendenza
(da sostanze, alcool, cibo, gioco d’azzardo ecc.) non è impresa
facile. Ho cercato di sintetizzare alcune delle cose che secondo la
mia esperienza ha
sensoprovare a fare. Non si tratta di un manuale di psicoterapia né
di una “bibbia” da seguire, ma solo di ciò che è emerso dalla
mia formazione e dalla mia esperienza clinica. E’
utile cominciare con una attenta valutazione del singolo caso: Þ tipo
di richiesta (Servizio pubblico, famiglia, individuo, altri) Þ tipo
di dipendenza (alcoolismo, tossicodipendenza, cibo, sesso, gioco
d’azzardo…) Þ raccolta
cartella clinica (dati personali, trattamenti precedenti) Þ assessment
psicologico clinico globale Þ valutazione
della disponibilità al cambiamento: colloquio motivazionale,
questionari motivazionali (Miller & Rollnick) Þ valutazione
dello stadio attuale della dipendenza. (scale tipo Jellinek) Þ pianificazione
personalizzata di un progetto di cambiamento (eventuale necessità di
detox, livello di accettazione di un programma drug-free, livello di
accettazione dell’auto aiuto, eventuale coinvolgimento di altre
persone significative, problematiche socio-sanitarie, altro). Þ introduzione
del programma del trattamento e contratto terapeutico. Ecco
alcuni degli obiettivi su cui è possibile lavorare: 1) Aumentare
nel cliente l’accettazione della responsabilità per il cambiamento
del suo comportamento I
risultati dell’assessment vengono direttamente utilizzati come
feedback. Questo offre al cliente l’opportunità di sviluppare la
consapevolezza del proprio problema, rivalutando sé stesso attraverso
le informazioni che egli stesso ci ha fornito. Il lavoro procede con
la stesura individuale della storia della dipendenza, che aiuta ad
identificare la progressione, i fenomeni di tolleranza e di perdita di
controllo (incapacità di astenersi o di pianificare e controllare i
comportamenti relativi al campo di dipendenza), e le conseguenze
negative della dipendenza, su diversi livelli: conseguenze fisiche, legali,sociali, sessuali, psicologiche, finanziarie. Ai
clienti viene proposto un questionario relativo al primo dei 12 Passi
che dice: “Noi
abbiamo ammesso di essere impotenti di fronte a ________ e
che le nostre vite erano divenute ingovernabili” Si
tratta di una serie di domande aperte, in cui il cliente viene
invitato a riportare esempi specifici di ciò che è avvenuto durante
la dipendenza, di come si comportava, di quali sono stati i costi e le
conseguenze del suo comportamento. Il cliente ha la possibilità di
valutare i tentativi di controllarsi o limitarsi, e le pressioni
sociali a cui si è sottoposto per mantenere invariato il suo
comportamento. Il
questionario viene letto personalmente dal cliente assieme al
counselor, lasciando ampio spazio agli aspetti emotivi. Ciò sostiene
e rinforza il riconoscimento e il superamento della negazione,
oltre a suscitare un buon livello di attivazione emotiva che facilita
la rivalutazione di sé. In termini di modello motivazionale questo
permette di verificare come rispetto ad uno stadio di contemplazione ci
si trovi adesso in uno stadio di determinazione al
cambiamento. 2) Aumentare
la fiducia nella possibilità di un cambiamento. Dopo
avere raggiunto la sobrietà definita si lavora su questionari
elaborati per approfondire i concetti espressi nel secondo e nel terzo
passo: “Noi
siamo giunti a credere che un Potere più grande di noi stessi avrebbe
potuto riportarci alla ragione.” “Noi
abbiamo preso la decisione di affidare la nostra volontà e la nostra
vita alla
cura di Dio, come noi abbiamo potuto concepirlo.” Lo
scopo di questi questionari è aiutare il cliente ad individuare e
riconoscere l’assenza di lucidità e chiarezza di giudizio associata
alla dipendenza, e la perdita o l’allontanamento dalla dimensione
cosiddetta “spirituale”, descritta come l’aspetto interiore
della persona, i gusti e le caratteristiche che rendono ciascun
individuo un elemento unico ed irripetibile. Attraverso
una serie di 6 brevi questionari (3-4 domande ciascuno) elaborati da
Miller & Rollnick, adattati in italiano con il permesso degli
autori, aiutiamo il cliente a fare un bilancio tra gli aspetti
positivi e negativi del comportamento dipendente e del recupero,
esplorando gli obiettivi possibili e pianificando un cambiamento
personalizzato e realistico. Contemporaneamente
si cerca di individuare una rete significativa di relazioni di aiuto
che possano agevolare e sostenere il cambiamento desiderato. In
termini motivazionali, questo corrisponde al passaggio da uno stadio
dideterminazione allo
stadio dell’azione vera
e propria. In
questa fase cominciano ad essere utilizzate anche le tecniche della
Terapia Razionale Emotiva di Albert Ellis, per individuare,
discriminare e discutere le convinzioni irrazionali relative alla
dipendenza e al recupero. Lavorando
sulle idee irrazionali (“è insopportabile, intollerabile,
impossibile, inutile, ecc.) si ottiene un significativo aumento della
fiducia nei clienti rispetto alle loro possibilità di cambiare, e si
osserva una diminuzione delle aspettative di catastrofe e dei pensieri
di doverizzazione e demonizzazione. 3) Ridurre
la negazione dei problemi correlati alla dipendenza, aumentare la
conoscenza di questi problemi, aiutare il cliente ad accettare la
dipendenza come malattia Anche
questo è un risultato diretto della applicazione di tecniche RET,
partendo dalla considerazione di eventi reali della vita dei clienti,
così come essi li riportano. Inoltre viene utilizzato materiale
scritto (libri, dispense, traduzioni) riguardante gli effetti e i
danni causati dalle dipendenze. Le discussioni suscitate da questo
materiale permettono di evidenziare le resistenze, che vengono
“assecondate” secondo il modello motivazionale. Ciò
significa che riluttanza e ambivalenza non sono viste come
“opposizione”, ma sono riconosciute come aspetti naturali e
comprensibili. Il
cliente viene coinvolto attivamente in un processo di problem solving,
senza subire l’imposizione di obbiettivi o soluzioni. 4) Facilitare
una esperienza spirituale nel recupero e facilitare l’impegno a
frequentare le riunioni dei gruppi di auto aiuto (AA, NA, OA, CoDA,
FA, Al-Anon), trovare uno sponsor e lavorare i 12 Passi. Identificarsi
con le persone in recupero. Pur
non rappresentando in alcun modo nessuna delle associazioni che
utilizzano i 12 Passi, e senza mai parlare ufficialmente a nome di
queste associazioni riteniamo che i gruppi di auto aiuto costituiscano
una valida risorsa sul territorio, e possano offrire ai nostri clienti
la possibilità di strutturare a lungo termine il loro recupero
personale. La nostra posizione è ben rispecchiata da un articolo di
W. R. Miller e E Kurtz comparso sul Journal of studies on alcohol del
Marzo 1994. Per
aiutare i clienti a rendersi attivi nelle associazioni di auto aiuto
facciamo riferimento ai principi della Twelve Step Facilitation
Therapy, come descritta nel manuale del progetto MATCH del National
Institute on Alcohol Abuse and Alcoholism (NIAAA), di cui abbiamo
curato la traduzione italiana. 5) Preparare
il cliente ad affrontare la ricaduta e a smettere di porre in atto
quei comportamenti che rinforzano positivamente la dipendenza Nel
trattamento delle dipendenze la ricaduta è un fenomeno che non può
essere ignorato o trascurato. Il
programma di trattamento è impostato sulla completa e totale
astinenza da tutte le sostanze psicoattive, incluso l’alcool. Di
conseguenza l’uso di una qualsiasi sostanza è considerato una
ricaduta. Per le altre dipendenze una parte del lavoro consiste nel
definire la sobrietà in ciascun caso. La
ricaduta viene presentata come un fenomeno cognitivo e
comportamentale, esito di un processo progressivo legato ad alcuni
meccanismi, introdotti e discussi nel trattamento (Bassa Tolleranza
alla Frustrazione, Decisioni Apparentemente Irrilevanti e Effetto di
Violazione dell’Astinenza, Cummings, Gordon & Marlatt, 1980). Attraverso
le tecniche RET cerchiamo di facilitare il riconoscimento degli eventi
attivanti, anche attraverso tecniche immaginative (Rational Emotive
Imagery), e di fornire adeguate strategie di coping per tali
situazioni. Il
modello motivazionale suggerisce di aiutare il cliente a scoprire da
solo come e perché può cambiare, e le tecniche RET aiutano a restare
centrati su scopi realistici e raggiungibili. 6) Aiutare
il cliente a comprendere che la maggior parte dei problemi sociali e
personali possono essere attribuiti alla dipendenza; il recupero è un
processo che dura tutta la vita e richiede l’aiuto degli altri Noi
pensiamo che sia utile rimanere centrati sulla dipendenza come
problema primario. Il trattamento è breve, ma l’obbiettivo è porre
le basi per un recupero a lungo termine. Eventuali altri problemi
potranno essere affrontati dopo avere raggiunto una sobrietà stabile
e sicura. Incoraggiamo i nostri clienti a cercare l’aiuto di altri
professionisti per problemi diversi dalla dipendenza: problemi legali,
finanziari, familiari, sociali, di emancipazione e crescita personale.
Tali questioni non sono l’obbiettivo del trattamento, ma possono
essere risolte, quando presenti, solo dopo che si è intervenuti sulla
progressione della dipendenza. 7) Promuovere
e sostenere l’assunzione di responsabilità personale nel
mantenimento del recupero Durante
il trattamento il concetto di responsabilità è inteso come la facoltà
di soddisfare i propri bisogni in modo tale da non privare gli altri
della libertà di soddisfare i loro bisogni personali. Noi
non riteniamo i clienti completamente responsabili del loro passato,
ma pensiamo che possano diventare membri accettabili e responsabili di
questa società attraverso l’impegno nel recupero personale e
sociale. Il lavoro specifico per l’elaborazione di questi obbiettivi
di autovalutazione e acquisizione di responsabilità personale viene
sviluppato attraverso il quarto dei Dodici Passi: “Noi
abbiamo fatto un inventario morale profondo e coraggioso di noi
stessi” Per
aiutare i clienti ad affrontare questo Passo e ad intuire l’esatta
natura dell’ “inventario morale”, proponiamo un questionario
strutturato su diversi livelli, che attraverso domande aperte e
richieste di esempi specifici permette di valutare nell’ordine:
1. il
disagio 2. la
rabbia 3. la
paura 4. la
vergogna 5. la
tristezza 6. la
solitudine e l’isolamento
La
riflessione sul Quarto Passo e sugli esempi specifici riportati dal
cliente permette di affrontare:
1. Bisogni
fondamentali 2. Emozioni 3. Comunicazione
e relazioni familiari 4. Relazioni
con l’autorità 5. Responsabilità
e processi decisionali 6. Aspirazioni
lavorative 7. Compulsioni
sessuali 8. Nutrizione 9. Rilassamento,
stress e ricaduta 10.Resistenza
al cambiamento 11.Affermazione
di sé 12.Relazione
con il denaro e gestione delle finanze personali
In
questa fase del lavoro si entra in contatto con gli aspetti profondi
della personalità, con quelli che gli AA chiamano “difetti di
carattere”, sovrapponibili alle idee irrazionali di Ellis o agli
schemi disfunzionali di Beck. Da un punto di vista umano, significa
affrontare i meccanismi e gli automatismi appresi, riconoscere le
difficoltà, i blocchi e gli ostacoli, e individuare le risorse
realmente presenti e utilizzabili. Al
termine di questo lavoro, che si concretizza con la condivisione
dell’inventario (Quinto Passo: “Noi
abbiamo ammesso davanti a Dio, a noi stessi e ad un altro essere umano
la natura esatta dei nostri torti”), l’individuo si trova ad avere
realizzato un piano responsabile per il proprio recupero personale, e
dovrebbe essere in grado di proseguire la sua crescita con l’appoggio
dei gruppi di auto aiuto. Ciò si può verificare anche prima, ed è
fondamentale che il terapeuta non pretenda di guidare il cliente nel
Quarto Passo se egli non lo desidera. Il ruolo del terapeuta è quello
di aiutare il cliente a trovare uno sponsor, non sostituirsi ad esso. Se
il cliente è attivo in una fratellanza dei 12 Passi e mantiene la
sobrietà definita, la relazione terapeutica non ha motivo di
prolungarsi. Se il cliente lo desidera, è possibile approfondire il
lavoro, centrandosi sugli aspetti emotivi, psicologici e spirituali,
mantenendo una seduta settimanale o quindicinale di revisione per alcuni
mesi.
LA
TERAPIA FAMILIARE NELLE TOSSICODIPENDENZE: QUALE
MODELLO UTILIZZARE IN UN CONTESTO PUBBLICO. SERT A.S.L. 4 CHIAVARESE Dott. Giannino
Ulivi, Responsabile
“Centro di Consulenza e Terapia Familiare”
Dott. Corrado
Barbara, Psicologa volontaria Sert
A.S.L. 4 Chiavarese
Sommario
La popolazione di soggetti con problemi di abuso di sostanze che si rivolgono ad un servizio pubblico è molto varia per storia, tentativi di risoluzione precedenti, livello motivazionale e risorse del contesto attivabili. Inoltre spesso chi chiede aiuto è diverso da chi lo necessita e i bisogni presentati sono diversi a seconda del livello motivazionale presentato. Un Centro di Consulenza e Terapia Familiare di un SerT. deve quindi impostare un lavoro flessibile, attento alla domanda presentata e alla sua modificazione e integrato con le altre attività del servizio e avendo come riferimento quanto, da un punto di vista teorico, oggi la terapia familiare mette a disposizione. Il lavoro presentato è la modalità operativa del nostro Centro di Consulenza e terapia Familiare inserito presso il nostro SerT. e attivo da circa un anno.
Summary The
population of subjects substance abusers that
address to a public service is very varied for history, attempts of
resolution precedents, motivational level and facilities of the context.
Additionally often who asks help is
different from who necessitates
it and the presented needs are different according to the motivational
presented level. A Center of Consulence and Family Therapy of a SerT. is
obligates to plan a
flexible work, attentive to the presented question and to his
modification and integrate with the other activity of the service and
having like reference as, from a point of theorist view, today the
family therapy puts to disposition. The presented work is the
operational formality of our Center of Consulence and Family therapy
inserted by our SerT. active now from around a year.
Résumé La population
des toxicomanes qui
s’adressent au service public de toxicomanie est beaucoup differénte
pour histoire, tentatives de rèsolution précédents,
niveau de
motivation et ressources
du contexte. En outre souvent qui appele à l’aide est
differént du
patient et les besoins presentés sont differents d’àpres du niveau
de motivation présentè. Un Centre de Consultation et de Thérapie
Familier de un Service public des toxicomanies doit donc organiser un
travail flexible, attentif à la question présentè et a la sa
modification et compléte par les autres activitès du service et avoint
comme référence combien, de un
point de vue théorique
, aujourd’hui la thérapie familier propose. La publication présenté
est la modalité de fonctionnement du notre Centre de Consultation et de
Thérapie familier inseriré chez notre
Service des toxicomanies qui est activé à peu près de une annéè. INTRODUZIONE Il
movimento di terapia familiare, nel vasto universo degli orientamenti
terapeutici, ha avuto una sua precisazione sempre più documentata
riguardo a quei fenomeni di sofferenza che interessano giovani figli in
quella fase delicata dell’individuazione e autonomizzazione dalla
famiglia di origine che chiamiamo adolescenza ( Gurman
e Kniskern, 1978 ). a. I
cultori della terapia breve del M.R.I. si prefiggono la risoluzione del
sintomo b. I
terapeuti trigenerazionali o contestuali, pensano di dover approfondire
la storia e i vissuti della famiglia, c. Gli
operatori orientati in termini strategico-strutturale ritengono
importante mutare le regole che governano la famiglia d. I
sistemici puri, ragionano in termini “ costruttivi” e pensano utile
e necessario, attraverso un corretto uso del linguaggio, lavorare
sull’area dei significati, oltre che sui pregiudizi del terapeuta,
della famiglia e del contesto allargato ( Cecchin
G, Lane G., Roy A., 1994 ). Nonostante
questa grande messe di contributi ormai verificati con ricerche sui
processi e sui risultati, continua ad essere predominante una lettura
moralistica e individuale del problema tossicodipendenza ( o
alcooldipendenza) con conseguente proposta di intervento prevalentemente “da
stigmatizzare socialmente o medicalizzare”. MODELLO
DI INTERVENTO In
merito all’efficacia degli interventi di terapia familiare si
è passati da un tentativo di confrontare i diversi modelli
,all’interesse di sapere non tanto “
quale terapia è migliore delle altre” in assoluto, ma piuttosto alla
ricerca di modelli terapeutici più adatti e utili per un certo
contesto familiare in
rapporto al suo stato motivazionale. 1. Accento
posto sul presente e sul futuro oltre che al passato. In
una fase iniziale di ingaggio della famiglia, il controllo del sintomo
assume un significato importante al fine di costruire un’ alleanza
terapeutica che consenta ,in un secondo tempo, di intervenire sulla
storia familiare e arrivare pertanto alle
radici della sofferenza. Gli orientamenti che leggono i giochi familiari e
quelli che ipotizzano scenari futuri sono più utili per creare una
motivazione del contesto. 2. Scarsa
importanza attribuita all ’ insight ; si ricorre invece a una
ristrutturazione positiva Anche
questo assunto è importante per l’aggancio e le prime sedute. La
ristrutturazione positiva consiste nel dare valore al sintomo e
connotare positivamente il contesto come risorsa. 3. Il
miglioramento deriva da mutamenti interpersonali La
scomparsa del sintomo è breve e non definitiva se non si accompagna a
mutamenti nel relazionarsi e percepirsi dei componenti del sistema
familiare. 4. I
piccoli cambiamenti sono positivi Nel
procedere nel trattamento è importante enfatizzare i segnali di
cambiamento anche se piccoli e
gli ostacoli che vi si frappongono anche pregiudiziali. 5. Sfruttare
le risorse familiari La
famiglia è una risorsa, ogni presenza è importante per la raccolta di
informazioni e per l’intervento che è mirato non solo sul paziente
designato. 6. Sfruttare
ciò che pragmaticamente dimostra di funzionare E’
importante analizzare precedenti tentativi di soluzione al fine di non
percorrere strade già provate e inconcludenti, ogni storia ha un suo
percorso che va costruito insieme alla famiglia e all’équipe di
supervisione sapendo cogliere i risultati pratici di certi interventi
non sottovalutando la creatività della famiglia. 7. Diminuire
la complessità; sbrogliare la rete di figure assistenziali Spesso
esiste una confusione tra l’inviante, il comittente e il cliente.
Talvolta al servizio pubblico viene chiesta una funzione di controllo
che rischia, se non riconosciuta e tenuta in considerazione, di
invalidare od ostacolare il trattamento. Diversi servizi spesso lavorano
sullo stesso caso, S.S.M., consultorio, Sert con compiti e obiettivi
diversi. E’ importante quindi ripetutamente ridefinire le aspettative
del cliente e della sua famiglia : compito cui deve assolvere la terapia
familiare al fine di tener chiari e distinti i diversi livelli in cui si
opera. 8. La
terapia è relativamente a breve termine La
durata di un intervento
è in media di dieci, dodici sedute a
cadenza mensile. La risoluzione del sintomo non determina la cessazione
dell’intervento: occorre anzi continuare a seguire nel tempo la
famiglia con sedute bi o trimestrali per mantenere in trattamento il
caso e per stabilizzare i cambiamenti avvenuti. 9. Il
terapeuta gioca un ruolo
attivo Si
intende per ”terapeuta “ tutta l’équipe che segue il caso e per
“attività “ il terapeuta che,con il suo stile particolare, conduce
le sedute avendo in testa un progetto o ipotesi che fa da traccia o
matrice all’intervento. L’attività è più facilmente mantenuta con
l’utilizzo dello specchio unidirezionale e la supervisione diretta da
parte di altri operatori. 10. Ogni
soluzione è specifica per ciascuna famiglia Intendiamo
dire con questo che ogni percorso terapeutico costruisce una storia
singolare e unica che richiede la capacità di non fossilizzarsi dietro
ad un’unica teoria
,ma la flessibilità di usare quanto oggi abbiamo a disposizione che sia
utile in quel momento specifico per quella particolare famiglia. · Nuovi
accessi col problema della cessazione del sintomo · Storie
cronicizzate in trattamento col metadone · Storie
che presentano una ricaduta dopo un periodo discreto di drug- free · Storie,
che superato il sintomo ,presentano problematiche relazionali e di
reinserimento sociale · Storie
con adolescenti non ancora tossicodipendenti ma con comportamenti a
rischio ( abbandono scolastico, fughe da casa, utilizzo occasionale di
droghe minori, storie di abuso sessuale o violenze) · Coppie
di genitori tossicodipendenti E’
nostra convinzione che il
lavoro avviato col contesto del paziente, sia utile se non è avulso da
quanto effettuato da altri operatori o servizi, in quanto è una risorsa
in più (diagnostica e di intervento) da offrire a tutti ,sia operatori
che membri significativi della famiglia ,che
circondano il paziente secondo una visione sistemica del problema che
crea il sistema. STRUMENTI
E RISORSE UTILIZZATE Il
suddetto lavoro di ricerca -intervento si svolge presso la sede del SerT A.S.L.
4 Chiavarese di Sestri Levante ,dotata di Centro di Consulenza e Terapia
Familiare con specchio unidirezionale e possibilità di
videoregistrazione. L’équipe è formata dallo scrivente in qualità
di responsabile e da una équipe di psicologi e psicoterapeuti tra cui
alcuni tirocinanti della Scuola del Centro di Terapia della Famiglia di
Milano di Boscolo L. e Cecchin G. e una volontaria con formazione presso
“ Il Nuovo Centro di Terapia della Famiglia” di Mara Selvini Palazzoli CONCLUSIONI Considerata
la variegata
popolazione ( per problematiche, motivazioni e risorse presentate) che
si rivolge ad un servizio pubblico, ci sembra necessario che il primo
compito di una équipe di intervento familiare sia valutare le modalità
più appropriate di attivazione delle risorse familiari e di aggancio terapeutico
del paziente e del suo contesto ( Ray
A.W., KeeneY B., 1993). E’
anche importante riuscire a costruire un modello di intervento che
permetta di definire quali tecniche di conduzione delle sedute siano più
adeguate alle diverse storie familiari, ai precedenti tentativi di
risoluzione e al ciclo vitale della famiglia : ciò servirebbe ad evitare
la cronicizzazione del problema e a superare il clima di rassegnazione e
di sconfitta che le storie con numerosi precedenti fallimenti ingenera
nei pazienti e nei terapeuti stessi. .
BIBLIOGRAFIA 1. Cecchin
G., Lane G., ray A., The
cybernetics of prejudices in the practice of psychotherapy, 2. Cirillo
S., Berrini R., Cambiaso G., Mazza R., La
famiglia del tossicodipendente, Raffaello Cortina editore, Milano 1996 3. Goolishian
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Trasformations in family therapy, in Journal of strategic and systemic
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1986 4. Gurman
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Garfield e Bergin Handbook
of psychotherapy and behavior Change: an Empirical Analysis, Wiley,
New-York, 1978 5. Karoly
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Interaction and Deviant Child Behavior, Behav. Ther. Vol 8, 406-410,
1977 6. Lewis
R. ,Piercy F., Spenkle D., Trepper T., The
Purdue Brief Family Therapy Model for Adolescent Substance Abusers in
Todd ,C.T. e Selekman M.D.Family Therapy Approaches with Adolescent
substance abusers ,Allyn and Bacon,Boston, 1991 7. Parry
A. ,Doan R. E.” Story
re-visions, narrative therapy in postmodern world”, The Guildford
Press,London,1994 8. Ray
A .,Keeney B.,” Resource
focoused therapy” ,Karnac Books, London 1993 9. Todd
C. T. ,Selekman M. D. ,“Family
Therapy Approches with Adolescent substance abusers”. Allyn and Bacon,
Boston 1991 10. Todd
C.T., Selekman M.D., “Beyond structural –strategic family therapy” in
Todd and Selekman Family Therapy Approaches with Adolescent Substance
Abusers, Allyn and Bacon, Boston 1991 11. Ulivi
G., Approccio
motivazionale, modello sistemico-costruttivista: due riferimenti per un
lavoro integrato sul tossicodipendente e la sua famiglia, Personalità/dipendenze,
Vol 2, Fasc. 1, 1996
I
gruppi di
auto aiuto: invio, facilitazione e sostegno al programma dei “12
Passi”; il
ruolo del professionista. Carlo
Fornesi, Psicologo
Psicoterapeuta, Introduzione In
questo lavoro non farò riferimento a tutte le organizzazioni ed
associazioni di auto aiuto presenti sul territorio, ma centrerò
l’attenzione su Alcoolisti Anonimi, una fratellanza che affronta il
problema dell’alcoolismo nel mondo dal 1935 (Alcoholics Anonymous,
1976). E’
importante che i professionisti che si occupano del trattamento
dell’alcoolismo e svolgono ricerche su questo problema abbiano una
chiara ed accurata comprensione della natura e dei principi di
Alcoolisti Anonimi. Io non parlo a nome di Alcoolisti Anonimi e non la
rappresento in alcun modo. Queste riflessioni sono basate sulla
letteratura scientifica disponibile sull’argomento e sulla letteratura
di Alcoolisti Anonimi stessa, oltre che sull’esperienza pratica della
Associazione Arcadia di Genova (Filippis & Fornesi, 1996), che da
anni si occupa di dipendenze secondo un approccio basato anche sui 12
Passi. Ringrazio Arcadia per tutto ciò che mi ha permesso di imparare e
per le risorse umane e bibliografiche che ha messo a mia disposizione. La
valutazione Quando
una persona ritiene di avere un problema con l’alcool e decide di
rivolgersi ad un servizio pubblico hasempre delle
aspettative. Come prima cosa è importante conoscere e valutare tali
aspettative, che possono essere la terapia farmacologica, la
psicoterapia, i “miracoli” e soprattutto il fallimento. Il compito
dello psicologo è di approfondire e discriminare le idee (razionali e
irrazionali) che sostengono tali aspettative, (Ellis, 1989) aiutando
il cliente ad identificare 1) se esiste un
problema con l’alcool; e 2) se è
quello il problema che
il cliente vuole affrontare. E’
essenziale che questa procedura di valutazione venga svolta con cura in
ogni caso, perché è quella che sostiene in maniera diretta la
motivazione del cliente. In questo senso sono molto utili le tecniche
del colloquio motivazionale (Motivational Interviewing) descritte da
Miller & Rollnick (1991). Anche
Bill Wilson, co-fondatore degli Alcoolisti Anonimi, ha dato chiare
indicazioni rispetto al “lavorare con gli altri” (Alcoholics
Anonymous, 1976, cap. 7): “Se
non vuole smettere di bere, non cercate di convincerlo. Potreste non
avere un’altra opportunità. Se non vuole vedervi, non costringetelo a
farlo. Abbiate cura di non identificarlo come alcoolista. Lasciate che
sia lui ad arrivare alle sue conclusioni. Non dovrebbe sentirsi spinto o
incitato da voi, da sua moglie o dai suoi amici.” Queste
indicazioni, date da un alcoolista agli altri alcoolisti, hanno un
grande valore anche per i professionisti, che non riescono quasi mai ad
esercitare con successo qualsiasi tipo di coercizione. La spinta al
recupero per l’alcoolista viene dall’essere “addolorato
e stanco di essere addolorato e stanco”, e solo un ascolto empatico,
riflessivo e il più possibile libero da giudizio può fare emergere
questa consapevolezza. L’invio
in AA Una
volta che la persona ha riconosciuto l’alcool come problema ed è
consapevole di avere bisogno di aiuto è responsabilità del
professionista proporre una lista di possibili soluzioni e lasciare che
sia il cliente a scegliere. (Miller & altri, 1992) Per
questo è opportuno essere adeguatamente aggiornati rispetto a tutte le
realtà territoriali, centri di trattamento, centri di ascolto e
assistenza sociale, assistenza medica, gruppi di auto aiuto per
alcoolisti e per familiari. E’
opportuno fornire indicazioni scritte, con indirizzi, numeri di telefono
e orari delle riunioni o delle attività, e pianificare chiaramente con
il cliente dove intende andare e quando. Se
il cliente sceglie di provare una riunione AA, è utile descrivergli che
cosa accadrà, come sono strutturate le riunioni, quanto durano e a che
cosa servono.(NIAAA, 1992) Il modo migliore per potere fare questo è
avere assistito a una o più riunioni AA. Esistono riunioni aperte a
tutti, ed è a mio parere essenziale che i professionisti del campo le
conoscano e le frequentino. Ciò permette di acquisire familiarità con
il percorso di crescita e cambiamento che si sviluppa attraverso i
suggerimenti contenuti nei 12 Passi, valutando correttamente le
manifestazioni comportamentali, emotive, cognitive e spirituali che il
cliente presenta nel corso del suo recupero. Secondo le osservazioni di
Miller & Kurtz (1994), AA non è un programma di auto aiuto,
ma un programma basato sull’aiuto di
Dio. I 12 Passi sono un percorso di crescita individuale che avviene
attraverso la frequenza alle riunioni, l’uso di uno sponsor, cioè un
membro della fratellanza che sia in recupero da più tempo e svolga il
ruolo di guida nel lavoro dei Passi, l’identificazione con altri
alcoolisti in recupero, e la pratica quotidiana (Solo Per Oggi) di
alcune semplici azioni (non prendere il primo bicchiere nelle prossime
24 ore, chiedere aiuto e accettarlo) e di alcuni principi
“spirituali” (onestà, apertura mentale, buona volontà, umiltà,
disponibilità, ecc). Il
terapeuta deve avere familiarità con i principi della sponsorizzazione
e con l’uso del telefono come terapia: il cliente dovrebbe chiedere
quanti più numeri di telefono possibile alle riunioni AA e usarli ogni
volta che ha voglia di bere, ogni volta che qualcosa non va, dopo avere
avuto una scivolata (il più presto possibile), quando si sente solo,
arrabbiato o stanco, quando si sente soverchiato dai problemi della
vita, quando si sente soddisfatto (o compiacente) nei confronti della
sua sobrietà. La
terapia del telefono ha una lunga tradizione in AA. Assieme a
“frequentare le riunioni” e “trovare uno sponsor”, usare il
telefono è una delle pietre angolari del recupero. E’ utile
rassicurare il paziente del fatto che i membri di AA si aspettano di
dare i loro numeri di telefono e si aspettano di ricevere chiamate.
Spesso non c'è neppure bisogno di spiegare il motivo della chiamata. I
clienti dovrebbero essere preparati a sentirsi chiedere il loro numero
di telefono. Il
ruolo dello psicologo Il
ruolo di uno psicologo o di uno psicoterapeuta in questa situazione può
e deve essere di “facilitazione”, cioè principalmente non
ostacolare il processo di recupero che si verifica in AA,
supervisionando la frequenza ai gruppi nel rispetto dell’anonimato e
della riservatezza degli altri membri, occupandosi di pianificare il
modo in cui il cliente sceglie di rendersi attivo nella fratellanza, e
aiutandolo a risolvere eventuali problemi specifici, dopo che una
sobrietà stabile sia stata raggiunta. Il terapeuta non può e non deve
sostituire l’aiuto che l’alcoolista può ricevere da un altro
alcoolista in recupero, basato sulla condivisione delle esperienze, di
ciò che ha funzionato per lui; non può essere uno “sponsor”, ma
deve restare professionale nell’approccio ai singoli, problemi,
offrendo supporto ai processi decisionali del cliente. Attraverso
il lavoro dei 12 Passi, gli elementi problematici, irrisolti,
conflittuali o difettuali del cliente emergono spontaneamente, ciò su
cui è utile lavorare in seduta è la motivazione a continuare il
proprio recupero, o a ricominciare dopo una ricaduta, che può
verificarsi e, di fatto, si verifica in molti casi. Anche
dopo periodi di sobrietà più o meno lunghi (alcuni mesi, a volte
perfino anni), è possibile osservare i sintomi che precedono una
ricaduta. Nel gruppo AA non si viene giudicati, valutati, ammoniti o
rimproverati: l’unico requisito per essere membri è il desiderio di
smettere di bere. Non ci sono tempi prestabiliti per fare i vari Passi,
né per operare determinati cambiamenti nei comportamenti e negli
atteggiamenti. Il compito di uno psicoterapeuta che lavora alla
facilitazione dei 12 Passi è aiutare il cliente a riconoscere da solo i
meccanismi che possono portare alla ricaduta, identificando persone ,
posti, luoghi, routine, emozioni e comportamenti che causano
disequilibrio nella vita dell’alcoolista. Quando
si presenta il materiale sui Passi, l’atteggiamento terapeutico
migliore è essere franchi e non giudicare. Il terapeuta deve credere
nel modello dell’alcoolismo come malattia, e che l’alcoolismo è una
malattia che colpisce il corpo, la mente e lo spirito. Il terapeuta deve
essere preparato al fatto che il paziente farà resistenza a queste
idee, come sottolinea chiaramente il “Grande Libro”. I pazienti
possono criticare o svalutare AA e i 12 Passi, o possono tentare di
trascinare il terapeuta in una discussione per chiarire se
l’alcoolismo è realmente una malattia o se è possibile bere in
maniera controllata. Possono tentare di modificare lo svolgimento di
questo programma, provando ad esempio a trasformarlo in terapia della
coppia o in psicoterapia psicodinamica. Si consiglia al terapeuta di non
lasciarsi coinvolgere in tali dibattiti, di non reagire alle critiche in
modo difensivo, e di non allontanarsi da questo programma. E’ utile
tenere a mente i punti seguenti: · L’obbiettivo
di questo programma è facilitare il coinvolgimento attivo del paziente
in AA. · Il
terapeuta non ha bisogno di difendere AA - funziona molto bene da solo,
e continuerà a funzionare indipendentemente dal fatto che questo
particolare cliente ci creda o no. · Credere
nei 12 Passi o in un Potere Superiore può essere meno importante del
semplice andare alle riunioni, che dovrebbe essere l’obbiettivo
principale. · L’alcoolismo
è una malattia potente ed astuta, ed è facile che i clienti insistano
a fare a modo loro, per il momento. · Ogni
giorno di sobrietà (e a volte anche ogni ora di sobrietà) è
importante e dovrebbe essere riconosciuto. Ogni volta che ci si trova di
fronte ad una ricaduta, è meglio pensare a quanti giorni (o ore) di
sobrietà il cliente ha trascorso dopo l’ultimo appuntamento. · L’alcoolismo
è una malattia che colpisce la volontà e porta gli alcoolisti a
regredire, diventando sempre più infantili (impulsivi, egocentrici), e
con il tempo è sempre più difficile affrontare questi aspetti. Questa
è la loro malattia al lavoro. E’ importante separare la malattia
dalla persona che ne è colpita. · Un
paziente che si presenta ubriaco è un paziente che ha bisogno di
sostegno sociale. Il terapeuta non può essere una rete di sostegno e
neppure uno sponsor. Aiutate il paziente ad usare AA ogni volta che è
possibile. Ad esempio, incoraggiatelo ad usare il telefono. I
terapeuti dovrebbero rendersi conto che, sebbene sia strutturato, questo
programma di facilitazione non è inflessibile. Ci si può aspettare che
il paziente interpreti i concetti di AA presentati qui alla luce della
sua esperienza personale. Questo è coerente con l’approccio AA, che
lascia ampio spazio alla interpretazione individuale all’interno di
vaste linee guida. Per esempio, i 12 Passi fanno riferimento
all’individualità nella concettualizzazione del Potere Superiore
(“come noi possiamo concepirLo”). Allo stesso modo, ciò che per un
paziente rappresenta l’ingovernabilità (Primo Passo), può non avere
alcun significato per un altro. Non è importante che i paziente
interpretino questi concetti allo stesso modo; ciò che conta è il
risultato finale: l’attivo coinvolgimento nella fratellanza di AA. Il
terapeuta che lavora alla facilitazione dei 12 Passi ha familiarità con
le tradizioni di base di AA e le presenta, assieme a diversi slogan, via
via che questi sono appropriati al trattamento. Questi slogan (tempo al
tempo, un giorno alla volta, lascia andare, fallo per finta finché non
lo fai davvero, ecc.) acquistano maggiore utilità quando vengono messi
in relazione alla vita reale del paziente. Un valido terapeuta dei 12
Passi usa gli slogan con giudizio, e dà loro significato mettendoli in
relazione all’esperienza individuale del paziente. Il
terapeuta non dovrebbe avere solo familiarità con gli slogan di AA, ma
dovrebbe usarli attivamente in terapia, per favorire il coinvolgimento
in AA e aiutare i pazienti a gestire le situazioni difficili. Più il
paziente riesce a comprendere il significato di ciascuno slogan, meglio
riuscirà ad applicarlo su base quotidiana. All’inizio
di ogni seduta, nel processo di revisione della settimana precedente,
possono venire alla luce aspetti rilevanti della vita del singolo
paziente. Ai pazienti dovrebbe essere dato il tempo di strutturare i
loro problemi e le loro preoccupazioni e di essere ascoltati dal
terapeuta. Allo stesso tempo, è importante tenere a mente che la natura
finalizzata di questo programma non permette al terapeuta di “seguire
il paziente” completamente - in altre parole, non è possibile creare
schemi terapeutici che ignorino i contenuti e gli obbiettivi del
programma di facilitazione. Alla
luce di questo, è responsabilità del terapeuta mantenere le sedute
centrate su ciò che ha a che fare con la sobrietà, e di evitare di
uscire di strada con lunghe discussioni su altri argomenti (problemi di
coppia, di lavoro o genitoriali). In questi casi, i terapeuti dovrebbero
ricordarsi lo slogan “Prima Le Cose Più Importanti”: enfatizzate la
necessità di centrarsi sulla sobrietà come fondamento per tutti gli
altri cambiamenti e per la crescita. I benefici ottenuti con la sobrietà
potranno avere effetto su molte altre aree della vita del paziente. Una
risposta ai continui sforzi del paziente per spostare la discussione
sulle relazioni, sul lavoro o sui problemi familiari, può essere
assicurargli l’invio ad una terapia appropriata dopo il completamento
del programma di facilitazione dei 12 Passi, qualora questi argomenti
continuino ad essere una preoccupazione. Conclusioni Ritengo
che gli psicologi e quanti operano nei servizi pubblici che hanno a che
fare con i problemi correlati all’alcool dovrebbero conoscere AA come
valida risorsa presente sul territorio. In alcuni casi è stato
sufficiente dare al cliente gli indirizzi delle riunioni, in altri può
essere necessario un intenso lavoro di sostegno e facilitazione, per
permettere al cliente di dare ad AA una possibilità e rimanere sobrio
un giorno alla volta. Bibliografia
essenziale ALCOHOLICS
ANONYMOUS (1976) “The
story of how many thousands of men and women have recovered from
alcoholism” (The Big Book) AA
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emozione in psicoterapia” Astrolabio FILIPPIS,
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Trattamento Terapeutico Arcadia” in
“Dipendenze: i confini e l’orizzonte” 2° congresso nazionale SITD,
Padova, 26-28/09/96, volume degli abstracts, Knoll S.p.A. FILIPPIS,
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Arcadia Method” in
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W.R. & ROLLNICK, S. (1991) “Motivational
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W.R. & altri (1992) “Motivational
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Publication, N° adm 92 - 1894 U.S. Government,
Washington N.I.A.A.A.
(1992) “Twelve Step
Facilitation Therapy Manual” DHHS
Publication, N° adm 92 - 1894 U.S. Government, Washington
Il
trattamento della
tossicodipendenza: l'esperienza del CENTRO IMAGO di Torino IMAGO
è un centro diurno, non residenziale. Il trattamento proposto
rappresenta il risultato di un riesame critico dell’esperienza
professionale maturata in strutture residenziali per tossicomani. L’analisi
dei numerosi fallimenti, registrati prevalentemente nella fase di
inserimento in comunità e in quella del reinserimento sociale
post-comunitario; il cambiamento della popolazione dei tossicodipendenti
correlato alle nuove droghe e a quadri psicopatologici sempre più
complessi; il confronto con soluzioni terapeutiche diverse, già
operanti sul territorio, avevano indotto una serie di considerazioni.
Da
qui l’idea di un progetto diurno che tenga conto della necessità
del/la ragazzo/a di avere un contenitore i cui confini possano essere
ridefiniti, in modo personale e progressivo, attraverso l’evoluzione
individuale dalla dipendenza assoluta (anche con il prodotto) fino
all’autonomia, ma che nel contempo non isoli da quella realtà da cui
la sostanza stessa aveva segnato la fuga. - soggetti
le cui caratteristiche personologiche, la cui storia tossicologica,
nonché l’ambiente socio-familiare siano tali da consentire un
progetto riabilitativo diurno - soggetti
che non intendono usufruire della comunità terapeutica, pur essendo
quest’ultima un’indicazione necessaria al trattamento del problema,
e per i quali quindi il diurno sia una fase di passaggio ove si elabori una
motivazione alla cura. - soggetti
provenienti da esperienze residenziali e che tuttavia necessitino ancora
di un contenimento. IL
TRATTAMENTO La
presa in carico dell’utente è preceduta da un momento diagnostico che
coinvolge tutte le figure professionali della struttura
(psichiatra,psicoterapeuta,pedagogista, educatore): la conclusione della
fase di osservazione può condurre a soluzioni diversificate, ove la
contrattazione delle regole e del contenimento, nonché le attività
psico-socio-terapeutiche possono variare fino alla proposta di un
trattamento individuale( 2/3 colloqui settimanali e un colloquio
quindicinale con i familiari). - sono
strettamente personalizzate - sono
una miscela di interventi psicopedagogici e psicoterapici - sono
strutturate - prevedono
un controllo costante del sintomo, attraverso gli esami medici appositi
(urine, capello) Il
percorso ha inizio con la stipulazione di un contratto che contiene le
regole di cui l’utente si assume le responsabilità e procede per fasi
(contenimento,orientamento,rientro) che lo vedono acquisire gradi di
autonomia sempre maggiori. - un
gruppo psicopedagogico di verifica (programmazione delle giornate,
osservanza delle regole, organizzazione del tempo libero) -
un gruppo emozionale ad orientamento analitico-transazionale - un
gruppo di confronto centrato sulle relazioni interpersonali - un
gruppo psicodinamico tematico, storico e cronologico, sulle relazioni
con le figure primarie e coi coetanei - un
laboratorio di attività ludiche e manuali - due
colloqui individuali Per
tali attività è richiesta all’utente una frequenza di tre volte alla
settimana in orari pre-serali e serali ( lunedì,mercoledì,venerdì dalle
ore18 alle ore 21).
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© CENTRO ITALIANO
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